Sono gialli, espressivi e indispensabili. Causano dipendenza e il mancato inserimento potrebbe compromettere persino i rapporti più duraturi. Gli emoji arricchiscono le nostre conversazioni, completano il senso delle parole e ci aiutano a veicolare un messaggio. L’immediatezza ne conferma la riconoscibilità e l’uso condiviso ne rafforza il significato dando valore a ciò che potrebbe sembrare superfluo o accessorio.

Un gruppo di ricercatori ha identificato l’importante valenza linguistica delle faccine dando vita all’Emojitaliano, un sistema di comunicazione con una grammatica, una sintassi e un vocabolario riconosciuto a livello internazionale. Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Francesca Chiusaroli, ordinaria dell’Università di Macerata e referente della ricerca.

Come nasce il progetto Emojitaliano?
Emojitaliano è un progetto universitario che si articola sui social network. Si tratta della costruzione di un codice artificiale, un italiano semplificato che usa gli emoji come scrittura. Il progetto di ricerca è connesso a Scritture Brevi, blog e hashtag di Twitter attorno al quale si è riunita una community di persone che giocano con la scrittura e la brevità.

Uno degli aspetti più interessanti è la condivisione. Tutti possono dare il proprio contributo attraverso un tweet. Come funziona questo processo?
Impostando una grammatica e un dizionario abbiamo inizialmente realizzato la traduzione di Pinocchio di Carlo Collodi. Ogni giorno veniva twittata una frase dei primi 15 capitoli dell’opera e i partecipanti erano invitati a proporre una traduzione in emoji. La traduzione veniva discussa sul social network durante tutta la giornata e alla fine si stabilizzavano le corrispondenze emoji-parole che venivano inserite in questo dizionario digitale dove ora è contenuto il glossario di Pinocchio. A questo si è aggiunto il glossario della Costituzione Italiana con i primi 12 principi fondamentali, il Manifesto della comunicazione non ostile e da poco L’Infinito di Giacomo Leopardi.

Come mai avete scelto proprio L’Infinito? L’emoticon è in grado di restituire il sentimento poetico della parola?
Il ragionamento è lo stesso che abbiamo applicato per Pinocchio. L’opera di Collodi è la più tradotta al mondo dopo la Bibbia ed è stato quasi inevitabile sceglierla. Nel caso della poesia non potevamo che optare per L’Infinito di Leopardi, trattandosi inoltre degli anni dedicati al bicentenario. È stata una sfida diversa, si è attivato un processo di lavorazione sull’aspetto estetico della poesia perché ciò che contraddistingue lo stile prosastico da quello poetico è la componente visiva. L’occhio coinvolge l’emojitaliano proprio come la poesia.

Quali sono state le maggiori difficoltà traduttive?
Comunemente si pensa che tradurre gli astratti sia la parte più complessa e invece non è così. Attraverso metafore e varie simbologie è possibile tradurre la parola “volare” con l’aereo o l’uccello, ma se si tratta di una parola concreta che non è nel repertorio emoji le cose si complicano. Per utilizzare il codice universale o internazionale noi ci basiamo soltanto sugli emoji condivisi sui dispositivi delle tastiere digitali; questi sono stabilizzati dal consorzio Unicode (The World Standard for Text and Emoji) che si occupa della loro convenzionalizzazione e diffusione, quindi non è possibile crearne di nuovi autonomamente. A quel punto possiamo attuare altre strategie decidendo di accorpare alcuni emoji per tradurre significati specifici come la differenza fra casa e bottega: aggiungendo gli attrezzi alla casa possiamo dunque ottenere una traduzione molto più precisa.

Spesso si tende ad attribuire una connotazione negativa alla brevità, soprattutto in ambito linguistico. Quanto è difficile codificare una grammatica degli emoji e soprattutto far sì che diventi un codice facilmente riconoscibile e traducibile?
La brevità è criticata ed è vista come l’elemento negativo della comunicazione a causa dei social network. Noi preferiamo essere costruttivi e non distruttivi rispetto alle possibilità offerte dagli smartphone. Nelle nostre tastiere abbiamo a disposizione un repertorio di emoji che è lo stesso in tutte le lingue del mondo quindi indipendentemente dall’idioma o dal dispositivo che utilizziamo l’enciclopedia alla quale attingiamo è identica. Si tratta di un’enorme potenzialità che consente la costituzione di un codice condiviso, un codice che ovviamente non esiste autonomamente e che necessita di un’attribuzione dei significati, ma il sistema di scrittura è veramente internazionale, per non dire universale. Oltre all’aspetto traduttivo ci siamo soffermati anche su quello emozionale approfondendo il valore degli emoji intesi come segni espressivi del sentimento, elemento da non sottovalutare.

Su cosa lavorerete prossimamente?
Abbiamo tantissimi progetti e lavorare con tutto questo non è affatto semplice. Il mondo degli emoji si evolve continuamente e il repertorio è davvero vasto. Quando abbiamo iniziato a tradurre Pinocchio non esisteva la faccina con il naso allungato e quindi abbiamo scelto di rappresentarlo con il ragazzo che corre, da allora è diventato il nostro simbolo. L’Unicode rilascia circa 200 emoji ogni sei mesi e il totale che abbiamo a disposizione nelle nostre tastiere arriva a 3000, comprese caratteristiche fisiche e istanze sociali. Questa enciclopedia è uno specchio della realtà e come tale è alla ricerca di nuovi segni per rappresentare tutti i possibili concetti; ciò rende questo tipo di strumento molto interessante, una risorsa culturale e linguistica su cui vale la pena lavorare. L’obiettivo vuole favorire la sperimentazione in ambito linguistico e semiotico, ma intende anche migliorare le condizioni di comunicazione in contesti speciali come la prima accoglienza di persone straniere, la comunicazione interlinguistica fra popoli diversi e ambienti in cui si riscontrano notevoli difficoltà del linguaggio. I tipici contesti dei codici internazionali ausiliari di cui la linguistica si è sempre occupata.

[fonte: www.recensito.net]